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Abbattere le disparità nei trattamenti previdenziali.

Il Governo gialloverde mostra segni di scomposta ostilità nei confronti delle donne. Le intemerate di alcuni componenti dell’Esecutivo su argomenti come famiglia e maternità sono il segno impressionante di una pulsione reazionaria e misogina. Il lavoro e la previdenza sono capitoli fondamentali del livello di civiltà e vogliamo concentrare, in questo programma, lo stato delle cose e gli interventi da promuovere per promuovere una maggiore giustizia in questo campo, fatta salva la difesa dei diritti delle donne nei vari aspetti dei rapporti sociali.

Le diseguaglianze tra uomini e donne rispetto alle pensioni. La pensione è per ciascuno il riassunto della vita lavorativa: discontinuità del lavoro, necessità diverse tra lavoro e attività di cura della famiglia, retribuzioni più basse, lunghi periodi di non lavoro, tutto questo determina per le donne una pensione più bassa, e molte volte anche l’impossibilità di maturare il diritto ad un trattamento previdenziale. E tuttavia, le ragioni delle disparità tra uomini e donne, per quanto riguarda le pensioni, vanno identificate non solo nelle storie lavorative ma anche nelle regole del sistema previdenziale, per come si è determinato nel corso del tempo.
In passato esistevano delle “compensazioni”, in particolare i cinque anni di anticipo dell’età per la pensione di vecchiaia, considerando anche il fatto che le donne difficilmente riescono, ancora oggi, a raggiungere il requisito per il diritto alla pensione anticipata o “di anzianità”. Ma gli interventi più recenti di innalzamento dei requisiti previdenziali sono avvenuti in modo brusco e pesante, e hanno parificato quasi del tutto le norme per uomini e donne (rimane solo un anno di anticipo per la pensione “di anzianità”), mentre nella condizione concreta di lavoro e di vita le discriminazioni di fatto e gli handicap per le donne sono tutt’altro che superati.
Lo squilibrio a discapito delle donne (identificato puntualmente nell’Indagine conoscitiva parlamentare realizzata tra il 2015 e il 2016) è rilevante ed evidente ed è cresciuto, anziché attenuarsi, nel corso degli ultimi quindici anni.
Le misure adottate nel corso della XVI legislatura, poi, hanno penalizzato fortemente le donne.
Insomma, il nostro sistema previdenziale “fa parti uguali tra diversi”, tratta con le stesse regole storie lavorative che sono diverse: anziché correggere, perpetua le diseguaglianze a onta delle indicazioni delle Istituzioni europee. La percentuale di donne che non hanno nessuna pensione in Italia è doppio rispetto agli altri paesi europei (quasi una su sei).
Il differenziale di genere nelle prestazioni pensionistiche è del 27 % nella media europea. In Italia è attorno al 33%.
Come intervenire? Si è discusso molto sull’opportunità di puntare su interventi risarcitori, oppure sulla rimozione delle cause delle diseguaglianze di genere e su interventi che possano prevenire le disparità: il potenziamento dei servizi per infanzia e non autosufficienza, gli strumenti per la conciliazione tempi di vita e di lavoro, le agevolazioni per le assunzioni di donne, il contrasto alle disparità salariali.

I risultati ottenuti tra 2014 e 2017. Possiamo elencare una serie di interventi che hanno migliorato la condizione delle lavoratrici e delle pensionate: riconoscimento delle “diversità dei lavori” anche per attività ad occupazione prevalentemente femminile, nei servizi sanitari, assistenziali, educativi, per l’accesso ad Ape sociale; la riduzione del requisito di anzianità contributiva di un anno per figlio (sino a due) per le donne, per l’utilizzo dell’Ape sociale; Opzione donna; la cancellazione delle penalizzazioni per chi è andato in pensione anticipata prima dei 62 anni di età, che riguarda anche molte donne; la possibilità, prima preclusa, di riscattare sia i periodi di congedo parentale fuori dal rapporto di lavoro sia i periodi di corso legale di laurea; l’inserimento tra gli “esodati” da salvaguardare; la cumulabilità senza oneri dei contributi versati in tutte le casse; gli interventi di parificazione della no-tax area dei pensionati a quella dei lavoratori dipendenti, l’aumento della quattordicesima e l’ampliamento della platea dei destinatari della stessa.

Le cose da fare: valorizzare tutti gli istituti capaci di ridurre gli effetti negativi della maggiore discontinuità delle carriere lavorative femminili, incrementando i benefici (accrediti figurativi, facoltà di riscatto, maggiorazioni contributive in relazione agli eventi legati alla nascita e crescita dei figli, all’assistenza ai disabili e anziani non autosufficienti, estendendoli anche ai periodi fuori dal rapporto di lavoro. Si deve partire, per produrre miglioramenti, dal fatto che la legislazione italiana è più carente rispetto ad altri paesi europei: considerare, nel calcolo contributivo della pensione, non tutta la vita lavorativa, ma valorizzare gli anni migliori; maggiorazione della anzianità contributiva per donne e uomini che si occupano dei figli, come in Francia, o incentivare la permanenza al lavoro dopo la nascita dei figli con maggiorazioni contributive come in Germania; prevedere adeguati sostegni ed evitare la penalizzazione di chi è e sarà impegnato in quel lavoro di cura.

Proponiamo: istituzione della “pensione contributiva di garanzia”, per riconoscere e valorizzare a fini previdenziali i periodi di lavoro discontinuo o con contribuzioni basse, l’attività di studio e formazione; riduzione dell’importo-soglia per l’accesso alle pensioni calcolate con il sistema contributivo; maggiorazione contributiva dei periodi di congedo per maternità; riconoscimento di un anticipo dell’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia, di un anno per ogni figlio, sino a un massimo di tre anni; riduzione del requisito contributivo per l’accesso all’ape sociale; riconoscimento di un anticipo pensionistico per chi assiste familiari disabili gravi (un anno ogni cinque, sino ad un massimo di quattro anni); valorizzazione contributiva del lavoro di cura per le donne; revisione del sistema contributivo per chi svolge lavoro domestico prevedendo versamenti contributivi pieni; accesso flessibile al pensionamento-flessibilità in uscita-Ape sociale e pensione anticipata per i precoci; estensione degli strumenti di flessibilità introdotti nel 2017/2018, reintroduzione delle “quote” o flessibilità senza penalizzazioni a partire da 62 anni; Opzione donna, verifica della consistenza delle risorse che residueranno, per un loro utilizzo corretto e corrispondente a quanto è previsto nella legge.

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