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Più democrazia, più solidarietà, più sviluppo, meno rigore.

Si può dire che in tutta la storia d’Europa non ci sia stato un anno senza che una guerra attraversasse il continente. Fanno eccezione i settanta anni che partono dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ovvero gli anni segnati, nel 1957, dalla firma dei Trattati di Roma che diedero l’avvio al processo di formazione della Cee divenuta, nel 1993, Unione Europea. Questo valore inestimabile di pace e, quindi, sviluppo e prosperità, deve restare per noi fondamentale. La battaglia che il Partito Democratico deve condurre, insieme ai suoi alleati nell’Unione, è quella di una profonda, ulteriore democratizzazione delle Istituzioni comunitarie.
All’inizio di questa stagione che condurrà alle elezioni del 2019, il Parlamento europeo ha votato una risoluzione di censura delle violazioni dei principi dello Stato di diritto in Ungheria con il voto di gruppi di diversa estrazione politica. È un fatto importantissimo perché dimostra che il Parlamento eletto dai cittadini è in grado di difendere i princìpi democratici su cui si fonda l’Unione.
Questo è il problema fondamentale: in un’Unione in cui a prevalere sono i Governi nazionali e, perciò, gli interessi particolari dei singoli Stati, in cui il Consiglio d’Europa, che rappresenta i Governi, prevale sulla Commissione e sul Parlamento, vengono imposte anche le peggiori politiche. L’austerità, gli egoismi nazionali, il blocco della redistribuzione dei flussi di immigrazione: tutto quanto è l’opposto della solidarietà che dovrebbe essere il valore principale dell’Unione.
Quel voto proprio sull’Ungheria, la cui economia si basa principalmente sui contributi finanziari dell’Unione e che, come gli altri Paesi del Blocco di Visegrad, rifiuta di accogliere quote di immigrati mentre soffoca le libertà civili e i princìpi dello Stato di diritto al proprio interno, ci dice molto più di tanti discorsi. Il Parlamento europeo avrebbe avuto, questo voto lo dimostra, la capacità di legiferare su argomenti come la riforma del Regolamento di Dublino, la creazione di una fiscalità europea per contrastare efficacemente l’evasione da parte delle multinazionali, le questioni ambientali, la promozione dell’economia circolare, solo per fare degli esempi. Nonostante tutto, l’Europa è rimasta, per il momento, unita, l’euro ha mantenuto il suo valore e le Istituzioni tengono di fronte alle continue pressioni che provengono dai partiti neo-nazionalisti che vedono l’Unione Europea come una minaccia.
Per questo il Partito Democratico, prima delle elezioni 2019, dovrà lanciare una grande battaglia per la democratizzazione delle Istituzioni comunitarie in direzione della nascita degli Stati Uniti d’Europa. I cittadini dovranno poter sentire il proprio voto come un reale esercizio di sovranità affinché la giustizia economica, l’uguaglianza, la democrazia, il Diritto diventino il perno di un’Unione libera e pacifica. Il momento per combattere le spinte centrifughe, i partiti populisti e le furbizie nazionali e ristabilire il valore della cittadinanza e della sovranità è questo.
Il Partito Democratico deve impegnarsi per riavvicinare i cittadini alle Istituzioni europee, operando per costruire un senso di appartenenza ad un’entità sovranazionale comune che abbia temi condivisi da difendere come il rispetto delle differenze culturali, una identità europea e la difesa delle economie più deboli. Per farlo sarà necessario investire sulle nuove generazioni, prevedendo che tale identità sia insegnata nelle scuole e diffondendo quei principi di democrazia e di senso di responsabilità comune che hanno caratterizzato la nascita dell’Unione Europea.
La capacità del Partito Democratico dovrà essere quindi quella di riuscire a ricostruire la vicinanza dei cittadini italiani con l’Unione Europea, sapendo giocare un ruolo da mediatore che consenta a tutti la comprensione dei fenomeni, spesso complessi, ad essa relativi, e facendo in modo che i cittadini si scoprano più consapevoli e in grado di compiere le proprie scelte con sempre maggiore responsabilità.

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