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La sconfitta, nonostante un grande consenso

  Angelo Villari, coordinatore Laburisti Dem Catania

“Ho preso atto con amarezza del risultato elettorale. Non sono riuscito a vincere una competizione molto più che difficile, nonostante un risultato importante ottenuto con 11.500 preferenze, che non sono certamente poche, e che rappresentano un consenso consapevole ed espresso liberamente. Abbiamo raggiunto questi risultati attraverso una campagna elettorale che ha rispecchiato il nostro il profilo umano e le nostre scelte politiche.
Sento il bisogno di ringraziare tutti i miei sostenitori che con generosità si sono impegnati in questa campagna elettorale e ciascuno degli 11.550 elettori che hanno avuto fiducia in me, essi rappresentano e rappresenteranno la base per continuare a perseguire la nostra idea di politica e di società, pulita e trasparente, un’ideale che rischia di smarrirsi. 
Oggi più che mai c’è bisogno di una politica che guardi ai territori, alle comunità, ai giovani, alle forze produttive e del lavoro per garantire il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro e i diritti di cittadinanza e per dare a tutti pari opportunità in una società più giusta e meno diseguale, che miri all’inclusione sociale dei soggetti più deboli. 
Per questi obiettivi non disperderemo questo grande consenso politico, umano e di valori.  Io continuerò ad impegnarmi senza sosta in politica e nella società, insieme ai tanti che credono ancora ai valori della nostra storia e alla coerenza del nostro agire e del nostro fare. Così, continueremo a lavorare per vincere le sfide che abbiamo davanti.
Noi ci siamo ritrovati a dovere fare i conti, da un lato, con un malcontento diffuso nei confronti di un Pd che ha perso la sua identità, nel quale centinaia di migliaia di cittadini non si riconosco più e che hanno scelto altro, disorientati, confusi, arrabbiati; dall’altro, a dover contrastare con difficoltà metodi di una competizione sleale e spesso spregiudicata, non solo fuori dalla lista del Pd. Metodi che certamente non appartengono alla nostra cultura, alla nostra storia e al nostro impegno per conquistare il consenso necessario a vincere le sfide. Restiamo in campo, lo dobbiamo alle migliaia di elettori che ci hanno dato il loro consenso e alla nostra voglia di poter dare concretezza a un’altra idea di politica e di società.

Il PD sulla strada sbagliata

 on. Concetta Raia, coordinatrice Laburisti Dem Sicilia

Nel Partito Democratico è arrivato il momento di aprire una vera riflessione, di errori ne sono stati commessi tanti, a partire dal tempo perso nell’individuare il candidato presidente, dal metodo, dalle alleanze e dalla formazione delle liste. Chi ha meno responsabilità è solo il professore Micari, degnissima persona, a cui va il mio ringraziamento per aver con generosità accettato la candidatura a presidente, in un momento non semplice per la politica siciliana.
Il Pd ha perso e non c‘è da girarci attorno. Ridurre la questione ad una sterile conta di percentuali è da dilettanti della politica, così come dire che la colpa è sempre degli altri: ciò non è serio e neanche assolve delle responsabilità del gruppo dirigente del Partito a qualunque livello. In questi anni di Governo, in Sicilia e a livello nazionale, così come, ancora, in molte città italiane e siciliane, il Pd doveva crescere, fare apprezzare la sua proposta politica e invece non è stato e non è così: che si governa a fare, se poi le gente non riconosce e guarda con fiducia al buon operato?
Proprio per queste ragioni bisogna trarre le conseguenze, perché quando un gruppo dirigente ai massimi livelli persevera nell’errore (elezioni amministrative, referendum, elezioni regionali) l’unica strada possibile è quella di fare un passo indietro. Non ci si può nascondere dietro il metodo dell’assoluzione generale. Il responso delle urne è davvero pesante, la sconfitta del Partito Democratico è sotto gli occhi di tutti e questo risultato, purtroppo, cancella per molti aspetti la missione per la quale è nato il Pd e lo trasforma in una “Babele” politica. La battaglia elettorale che abbiamo condotto, che ha visto conseguire 11.500 preferenze ad Angelo Villari, voleva evitare il rischio di una deriva senza radici, fatto da troppo ceto politico proveniente da altri partiti di Centrodestra, che ci allontana sempre più dalla costruzione di un partito di popolo, che guarda ai valori del centro-sinistra, della solidarietà, del mondo del lavoro e della produzione, dei diritti, della giustizia sociale e della lotta alle disuguaglianze. Il Pd o è il partito di tutti che tiene in conto e rispetta il pluralismo e le migliori tradizioni del centrosinistra italiano o rischia di percorrere una strada senza ritorno.

Ricostruire una reale unità nel Partito

 sen. Antonio Montagnino, coordinatore Laburisti Dem Caltanissetta

Era ampiamente previsto, quasi scontato, l’insuccesso senza attenuanti del Partito Democratico alle elezioni regionali siciliane. Una sconfitta registrata con una percentuale di voti analoga a quella ottenuta nel 2012 che fu trasformata in successo con l’elezione del candidato del centrosinistra Rosario Crocetta favorito dalle divisioni del centrodestra e quindi dalla candidatura di Gianfranco Micciché alternativa a Nello Musumeci.
È evidente che il Pd ha perduto gran parte del suo appeal nei confronti dei cittadini, perché appaiono lontane e appannate le ragioni e le radici stesse della sua fondazione, snaturato e confuso il suo progetto politico, elusi i valori, deluse molte delle speranze e delle aspettative dei militanti e degli elettori. Un partito che nasce come pluralista e che diventa sempre più personalistico, che nasce come casa comune dei riformisti e punto di incontro tra culture politiche ma anche pezzi di società civile e cittadini disposti a mettere il proprio impegno, le proprie energie e competenze a servizio del Paese, che smarrisce la capacità di accogliere e di unire. Un partito che oscilla in maniera confusa tra posizioni e scelte politiche di sinistra e posizioni invece di destra in cui la tattica prevale sulla strategia.
Insomma il Pd, nato con l’ambizione di essere un argine e uno dei pochi rimedi possibili alla pericolosa perdita di credibilità della politica e come alternativa seria e costruttiva ai populismi, alle urla e alle invettive volgari, al qualunquismo pericoloso e dilagante, al degrado delle Istituzioni, sembra aver smarrito la via maestra, la sua funzione d’origine ed è disorientato e indebolito.
Sono state fatte molte scelte sbagliate, è mancata la capacità di intercettare e rappresentare il profondo e diffuso malcontento causato soprattutto da una gravissima crisi economica che ha ridotto in ginocchio tanta parte del Paese, soprattutto al Sud. È mancata la capacità di pensare e proporre risposte adeguate ai problemi impellenti della mancanza di lavoro, della condizione giovanile e del disagio sociale. Qualcosa è stato fatto ma non basta.
Il voto siciliano ha risentito di tutto questo. Oltre ovviamente ad essere stato il frutto delle evidenti carenze del Governo regionale che, al netto di alcuni interventi positivi, ha realizzato un esasperato turnover di assessori (oltre 50) senza precedenti, ha preferito gli annunci inconsistenti ai risultati concreti, eluso le indispensabili riforme, demolito la formazione professionale già in grave crisi e contrassegnata da diverse inchieste giudiziarie e non ha affrontato in maniera efficace i nodi dello sviluppo, della disoccupazione e della povertà dilaganti.
In queste condizioni, amplificate dalla scelta sbagliata della sinistra di Bersani e di Fava, le elezioni non potevano che avere un esito negativo rendendo vano lo sforzo e l’impegno del candidato presidente Fabrizio Micari e dei candidati all’Assemblea regionale.
In ragione del patrimonio di passione, competenza e impegno di cui comunque dispone il Partito democratico, non credo all’irreversibilità di questa fase negativa. Sono convinto, però, che la sconfitta non possa essere archiviata senza una riflessione profonda e decisioni adeguate, assunte a partire dal segretario del Partito, per costruire all’interno del Pd una reale unità, e, all’esterno, una coalizione di centrosinistra che affronti le questioni più urgenti e possa essere competitiva e vincente alle prossime elezioni politiche.

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