Seleziona una pagina
  di Cesare Damiano

 

Ha detto Andrea Orlando, nel suo appello agli elettori alla fine del confronto offerto da Sky News tra i candidati alla Segreteria nazionale del Partito Democratico: “Non fate vincere un uomo, fate vincere un progetto politico. Perché è quello che tiene insieme un popolo”.

Non potrei essere più d’accordo. Che progetto hanno offerto al Paese gli anni della Segreteria Renzi? Anni che hanno corrisposto, in parte, alla sua guida del governo. Abbiamo attuato un progetto che promuovesse l’uguaglianza, che riattivasse l’ascensore sociale in un Paese in crisi che si era fermato, che avviasse politiche attive per il lavoro, che generasse politiche industriali adeguate alla realtà circostante in rapidissima evoluzione? Abbiamo coinvolto quante più forze possibili in un simile progetto di progresso sociale e di crescita economica? Le tante voci critiche che esprimevano disagio per l’assenza di una simile disegno sono state ascoltate? No, questo non è successo. Si è pensato, dal 2015 – invece che a robuste e coerenti riforme economiche – a una, peraltro inefficace, modifica del diritto del lavoro, nota come Jobs Act. Che è stata spinta, ma solo all’inizio, con massicci sgravi contributivi a favore delle imprese. Questi sgravi non sono stati resi strutturali, nonostante in molti avessimo dato l’allarme sui limiti di un simile modo d’agire. I risultati sono stati, come prevedibile, solo temporanei.
Anziché costruire un vasto consenso politico, una pratica di collaborazione con i corpi intermedi, si è praticato un decisionismo solitario e solo nel settembre dello scorso anno si è giunti a un’intesa con i sindacati su alcuni punti previdenziali e di welfare. Ma, nel complesso, si è raccontata l’idea della mediazione e della collaborazione come una pratica debole di un passato sepolto, creando ostilità e disaffezione. Al riconoscimento del disagio si è preferita – come ricorda con puntualità Orlando – la “narrazione” delle “eccellenze” di chi ce la fa. Ma le eccellenze sono, per l’appunto, tali. E coloro che non ce la fanno sono molti di più degli “eccellenti”. E così, Renzi ha dipinto, con le proprie mani, un PD che ignora chi fatica e che rappresenta le élite.
Alla costruzione di consenso intorno alla riforma costituzionale, si è preferito ignorare il fatto che la Costituzione stessa appartiene a tutti e la si è modificata a maggioranza. Generando una “tempesta perfetta”. Perché su quella riforma, così simbolica, si è rovesciata tutta l’indignazione generata tra i giovani che si sentono deprivati del futuro, tra le famiglie che stentano, tra un gran numero di cittadine e cittadini stanchi e avviliti. E si è costruita una sconfitta monumentale. Che si è, poi, deciso di non analizzare e trasformare in una svolta.
E oggi, a un Orlando che mette in evidenza la mancanza di prospettiva di un Partito così condotto, si risponde, anziché con argomenti politici, reiterando la retorica della rottamazione con adolescenziali punzecchiature come “ma tu hai votato il Fiscal Compact”. Come se, per un parlamentare, non esistesse la disciplina di partito e di gruppo. Come se, nei suoi mille giorni, Renzi non avesse dimostrato la sua incapacità di confrontarsi con la “indisciplina” di coloro che hanno finito, poi, per attuare una scissione comunque sbagliata. Dopo aver discusso, contestato, emendato, un parlamentare corretto vota anche ciò che non lo convince pienamente. O, se lo trova insopportabile, se ne va. Rinunciando a costruire una prospettiva di cambiamento.
Andrea Orlando – come tanti altri – non ha rinunciato. Non si è arreso. Ha scelto la più dura via della politica. Quella di chi, con ostinazione, riprende la marcia e propone di ricominciare a progettare. Per questo è necessario votare alle primarie di domenica 30 aprile. Ed è necessario votare per Andrea Orlando. Per far vincere non un uomo ma un progetto politico. Quello che noi riassumiamo nella definizione di un “nuovo umanesimo del lavoro”. Quel progetto che disegna soluzioni organiche rivolte alla società intera, a partire da coloro che sono rimasti più indietro. Perché, ripetiamolo ancora una volta, è quello che tiene insieme un popolo.

Cesare Damiano

Cesare Damiano

Deputato

Eletto in Piemonte, è Presidente della XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato). È stato ministro del Lavoro nel secondo Governo Prodi. In precedenza, dirigente sindacale nella Fiom-Cgil e nella Cgil.
Share This

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi